Tutti a passeggino

PassegginiDal giorno in cui mi hanno detto che aspettavo un figlio ho scoperto mondi che non immaginavo esistessero.

Fino a qualche tempo prima neanche sognavo che ci potesse essere qualcuno che fabbricasse cose per i bambini al di fuori dei giocattoli.

Esistono ingegneri, designer, architetti e tanti altri “scienziati” che le pensano tutte pur di offrire ai genitori un prodotto confortevole, di avanguardia, alla moda, tecnologico e sicuro.

Ero convinto che per portare in giro mio figlio sarebbe bastata una bacinella appoggiata su quattro ruote, ero convinto che il mio primogenito avrebbe potuto dormire nella cesta di vimini che da generazioni si tramanda a casa mia e dove anche io, come un bambinello, sono stato per tutto il tempo che i parenti e gli amici venivano ad adorarmi.

Ero convinto di molte cose fino che mia moglie non mi disse: “Caro, oggi andiamo a scegliere il passeggino”.

Io ho viste “Carrozzine” che voi umani…

Ricordo bene il giorno in cui sono entrato nel concessionario plurimarche del passeggino, ero frastornato. Ho tenuto gli occhi sgranati e la bocca aperta tipica di chi resta sorpreso per molto tempo al punto che quando siamo tornati a casa mi faceva male la fronte. Beh, forse il dolore proveniva da quello che avevamo speso, ma provate a tenere gli occhi sgranati per mezz’ora e poi mi dite.

Non credevo esistessero tanti tipi di passeggini ed io non ero preparato.

Quando nasce un figlio, un papà pensa subito al modello di macchina che dovrà comprare perché le esigenze cambiano e c’è bisogno di spazio.

Per la scelta basta qualche rivista di settore che contiene sempre prezzi e schede tecniche di ogni auto. A quel punto l’ormone “a quattro cilindri” dell’uomo si mette in azione e dopo qualche giorno è fatta.

In quel negozio mi sono sentito perso, non sentivo nessun ormone di settore che potesse influenzare la mia scelta. Si trattava di dover acquistare qualcosa che servisse per far dormire un neonato, anzi il mio neonato.

A quel punto nel reparto carrozzine o come diceva la commessa porte-enfant, la scelta è ricaduta su quello che mi sembrava il trono più adatto ad un primogenito.

Certo un trono fino a quando non lo porti a casa non ti rendi conto di quanto sia ingombrante. Era bello, comodo ed elegante, ma per spostarlo da una stanza all’altro avevo sempre bisogno di qualcuno che mi guidasse la manovra. E pensare che con la nuova auto bastavano gli specchietti laterali.

Ricomincio da “Trio”

“Un drago a tre teste”, così si presentava davanti ai miei occhi quell’oggetto con le ruote dalla triplice funzione. Il libretto delle istruzioni non mi dava suggerimenti per come affrontarlo e più sfogliavo le pagine più mi sentivo impotente.

Gli zii avevano unito le forze per acquistare uno degli ultimi modelli di Trio, quelli che permettono al bambino di dormire, viaggiare e passeggiare, ma pensavo che non sarei mai riuscito a godere di tutti quei conforts e avrei tenuto, per sempre, mio figlio in braccio.

Gli amici, quelli che fino a qualche tempo prima venivano a casa per bere e programmare week-end in giro per il mondo, ad un tratto divennero solidali e “il drago a tre teste” cadde.

Per qualche giorno continuai a fare prove montando e rimontando i pezzi, aprendo e chiudendo il supporto con le ruote. Per essere sicuro mi allenavo anche bendato in modo che quando saremmo usciti non avrei avuto problemi.

E poi venne il giorno della passeggiata.

Per evitare ogni commento materno avevo anche già fatto le prove di montaggio della cintura intorno all’ovetto, ma l’ansia da prestazione mi giocò un brutto scherzo.

Non trovavo un modo per passare la cintura senza strangolare mio figlio e logicamente il libretto d’istruzioni era rimasto a casa.

Dopo circa 40 minuti di imprecazioni riuscì nell’impresa e sudato mi misi alla guida alla volta del parco per la nostra prima passeggiata.

“Amore, ma che fai. Sei pazzo?”

“Tranquilla sto provando la frenata per vedere se il bambino è in sicurezza”.

“Ho capito, ma avvisami. Magari l’ovetto non è montato bene e facciamo una frittata”.

“Nella macchina nuova no, ti prego”.

(Umorismo da genitori alla soglia dell’esaurimento)

“Il passeggino” bussa sempre due volte.

I genitori ritornano sempre sul “luogo del delitto” e così ci capitò di andare nuovamente al concessionario plurimarche del passeggino.

Quella volta ce ne serviva uno da tenere fisso in auto perché il secondo piano senza ascensore si faceva sentire e il “trio” era diventato un po’ ingombrante. Ormai il bambino era cresciuto e le nostre uscite più frequenti.

“Salve, vorremmo un passeggino comodo, ma che non pesi troppo”.

“Con ruote alte o basse?”

“Guardi facciamo alte”.

“Tre o quattro ruote?”

“Direi quattro. Melius abundare quam deficere”.

“Preferisce gomme per lo sterrato o lisce”.

“Devo consultare il programma di gara, non saprei”.

“Ruote normali o quelle con cuscinetti?”

“Ma non si chiamavano guanciali?”

“Ammortizzatori lunghi o corti?”

“Un attimo che chiedo al copilota”.

“Preferisce quello che agevola l’interazione col bambino?”

“Anche no. Lui guarda il mondo ed io prego affinché il mondo lo distragga il più possibile”.

“Se vuole ne abbiamo uno full optional”.

“Ma non gli farà male l’aria condizionata nel passeggino?”

“Allora quale vorrebbe?”

“Uno telecomandato non ce l’avete?”

“Sss, lo stiamo sperimentando, glielo faccio vedere, ma non lo dica a nessuno”.

Ed io che pensavo di prendere in giro il commesso.

Il buono, il brutto e il “superleggero”.

“Amore, ti ho portato una cosa bellissima, così non ti lamenti più”.

“Finalmente Charlize Theron”.

“Veramente sta nel portabagagli della mia auto”.

“Poveretta, perché l’hai rinchiusa lì”.

“Ah, povera me. Anzi, fai una cosa, vai a liberarla”.

Sono sceso con il cuore in gola come se stessi andando al mio primo appuntamento, ma quando ho aperto l’auto non ho trovato la sudafricana dagli occhi azzurri a cui sono appeso da anni con un filo che si srotola per un Martini, bensì un passeggino dalla forma minimale e dal peso inesistente.

Altro che regalo, mia moglie mi aveva fatto proprio un pacco. E’ vero che questo oggetto a quattro ruote è leggerissimo, ma arriva in casa soprattutto perché tu possa portare più cose possibili durante le migrazioni con il bambino. E poi la scusa più bella è che si chiude ad ombrello con una mano.

Ho trascorso qualche pomeriggio a provare quel tipo di chiusura.

Passeggiavo nel salotto facendo finta di scarrozzare mio figlio che intanto era sul divano a guardare il suo papà, poi ad un tratto sollevavo il passeggino in alto e con una mossa repentina cercavo di chiuderlo.

Il “superleggero” volteggiava come la pistola di Terence Hill nel duello con il cattivo.

Il giorno fatidico arrivò anche per me e così dopo la nostra passeggiata al parco ci avvicinammo alla macchina per andar via.

In quel momento passarono tre ragazze che stavano entrando al parco per fare jogging: era il momento giusto.

La mano destra con un movimento di polso sollevò le ruote, a mezza altezza il sole luccicò sugli assi di lega leggera e il vento soffiò su una nuvola di sterpaglia: il passeggino cadde a terra.

Mio figlio cominciò a ridere a crepapelle, le ragazze in tuta accennarono ad un sorriso che nascondeva commiserazione ed io sarei voluto sprofondare per la brutta figura. Forse la nuova auto, dal portabagagli gigante, serviva proprio a questo, ad ingoiarmi.