La rivoluzione dei papà che nessuno vi racconta

E’ tempo di padri, è tempo di sbattere il papà in prima pagina.

Ho visto giornalisti appostarsi fuori scuola la mattina per intervistare i papà che accompagnano i figli, ho visto fotografi d’assalto intrufolarsi in casa per immortalare un padre alle prese con il carico di una lavastoviglie o di una lavatrice, ho visto inviati intervistare in diretta padri all’uscita del supermercato per chiedere cosa comprasse un uomo, ho visto collegamenti radiofonici dalla sala d’attesa del pediatra per mettere alla prova i padri sulla lettura della ricetta, ho visto esperti dibattere sul numero delle ore sufficienti che un papà deve trascorrere con i figli per potersi definire tale e poi ho sentito gli stessi dibattere sul famoso discorso della qualità e non della quantità.

Insomma per tutti questi professionisti dell’informazione la rivoluzione dei padri va descritta attraverso le loro azioni. Sono queste che si vedono, che sono tangibili, che possono essere mostrate in tv o in un servizio fotografico.

A questo punto la giornata tipo di un papà attivo, partecipe e presente in casa diventa una cosa da filmare, da condividere, da far sapere. Non so di chi sia la colpa, se di chi fa informazione, di chi guarda con la voglia di spiare la vita dell’altro o degli uomini che si prestano dimenticando pure che qualsiasi cosa facciano in casa sicuramente non sarà fatta secondo gli sta
ndard mondiali della madre regina.

E come se non bastasse i titoli di questi grandi pezzi di informazione sono una cosa tipo “E’ l’ora dei padri materni”, “Il mammo 2.0”, “Padri poco virili?” “Papà e la guerra degli elettrodomestici”.

Ora non voglio certo dire che i padri sanno ad occhi chiusi quale sia il programma della lavatrice per le lenzuola oppure che in casa si dividono le cose da fare al 50%, ma sicuramente posso dire che c’è una rivoluzione in atto che li vede protagonisti rispetto alla famiglia.

Sia chiaro non parlo di quei padri che per fare i fighi e i moderni si vestono come i figli avendo 30 anni di differenza oppure di quelli che pensano che essere amico e confidente dei figli sia il segno di una rivoluzione perché i loro genitori non lo facevano.
Il cambiamento parte dalle parole, dal linguaggio che si usa per manifestare le proprie emozioni.

Oggi i padri condividono sentimenti, parlano delle loro paure, piangono di gioia, educano senza ammonire, chiedono perdono, spiegano quello che accade in casa e fuori casa, partecipano alle scelte, si confrontano, ma la cosa straordinaria è che tutto questo lo raccontano al mondo mentre svolgono azioni quotidiane. La rivoluzione è che questo racconto non avviene più solo ad opera di pochi attraverso romanzi, saggi, film, poesie, canzoni e opere teatrali, ma da parte di tutti.

Nei bar, sulle chat, il sabato sera, sui blog, per strada e anche al supermercato gli uomini raccontano le loro avventure familiari, le loro emozioni contrastanti, le loro preoccupazioni e le loro gioie. E poiché questa cosa fin a qualche tempo fa era una prerogativa delle donne allora si ha il diritto di chiamare un papà “mammo”, come se fosse una concessione che le donne ci hanno fatto. Credo che le mamme non siano d’accordo, anzi qualcuna obietta pure (a profonda ragione) che come al solito ci abbiamo impiegato un bel po’ di tempo.

Non è facile indagare il profondo di un uomo, ancora più difficile è spettacolarizzarlo, a quel punto non puoi che aspettarlo fuori al supermercato per mostrare a tutto il mondo, come se fosse uno scoop, cosa c’è nella sua sacca della spesa o per farti aprire le porte di casa e farti mostrarti come si stende una lavatrice di intimo.