Home working. Ma ora che è finita la scuola?

Home working“Papààààà, ho finito”.

“Cosa?”

“Di fare cacca”.

“E quindi?”

“Mi pulisci?”

Dopo qualche minuto per la famosa legge del “Veder cagar, venir la voglia” la scena si ripete per l’altro figlio. E meno male che sono solo due.

“Papà, ho sete”.

“Puoi bere”.

“Mi prendi l’acqua?”

“Ma dai, sta nel frigo”.

“E’ troppo in alto.

I bicchieri d’acqua presi in una giornata lavorativa che va dalle 8:30 alle 18 sono circa 15

“Papà, che stai facendo?”

“Lo sai, papà lavora a casa”.

“Per questo hai la stampante nuova?”

“Sì, per stampare meglio”.

“E pure il computer nuovo?”

“Sì, per scrivere meglio”.

“E queste cuffie a che ti servono?”

“Per non sentirti meglio a papà”.

Le domande inutili, tanto per vedere se ci sei o per annusarti, sono state 11.

“Papàààà, ma lui non si toglie dalla mia schiena”.

“Smettetela di litigare che mi distraete”.

“Papàààà, mi faccio male”.

“Se mi alzo sono guai”.

“Papàààà, ma è lui”.

Le risse sedate in una giornata sono state due, ma ho urlato una sola volta per circa 15 minuti di fila.

 

La questione è: ho uno studio-ufficio dove c’è l’aria condizionata, due pc per lavorare, una stampante multifunzione, prese elettriche in quantità, vari faldoni con i miei documenti, tutto il set da scrivania come tagliacarte, cucitrice, forbici, scotch e altro ancora, ma vengo distratto infinite volte perché è finita la scuola e i miei figli sono a casa.

Di certo non posso permettermi di fare gli stessi mesi di lavoro delle maestre (ah no, adesso fanno la programmazione) per cui ho necessità di trovare una soluzione.

Io non vorrei mandarli ai lager estivi, ma neanche stare in loro balìa. A questo punto devo rinunciare al mio ufficio ed elemosinare un posto dove stare? 

Eppure l‘home working mi sembrava una cosa bella.