I ricordi di bambino che non scompaiono
Ricordo le lacrime che il vento mi spalmava sulle guance mentre guidavo il motorino di mio padre.
Piangevo a dirotto, ma ero felice di sentire il suo petto appoggiato alle mie spalle. Mi dava sicurezza mentre sfrecciavo su quella strada alberata.
A quei tempi avevo dieci anni e girare in motorino con mio padre era la cosa più bella che potessi volere.
Quel giorno però ero triste perché mio fratello più piccolo era andato a casa dei miei cugini a dormire e io no.
Erano i cugini con cui mi piaceva tanto giocare. Mi divertivo sempre molto a stare con loro e a quei tempi era la cosa più bella che potessi fare.
Mio padre mi promise un giro lungo in modo che nel frattempo potessi calmare la rabbia. In effetti i miei zii avevano già tre figli maschi e se fossi andato anche io insieme con mio fratello saremmo diventati cinque.
Un altro letto per me non c’era e poi credo che sarebbe stato difficile gestire tutti.
Ancora oggi ricordo quella sensazione di ingiustizia nei miei confronti, quel dolore per essermi perso una giornata di gioco e divertimento, una notte diversa dalle altre.
Forse quel giro sul motorino sarebbe dovuto durare fino ad oggi se me lo ricordo ancora così come fosse ieri.
Ci fermammo anche a comprare un gelato. Lo leccavo e piangevo. A quei tempi uscire per mangiare un gelato era la cosa più bella che potessi fare.
Con la pancia piena e le mani che mi tremavano, per aver stretto forte le manopole del motorino, ritornai a casa.
Ero teso tra la gioia di aver fatto tutte quelle cose e la tristezza per non essere partecipe al divertimento di mio fratello e dei miei cugini.
Pensavo alla battaglia dei cuscini, alla partita di calcio in cameretta con la pallina da tennis e alle risate causate dalla gara delle “puzzette”.
Ero riuscito a far vedere a tutti i miei amici come portavo il motorino e per un ‘ora mi ero sentito un uomo.
Quando siamo tornati a casa mia mamma ha fritto almeno un paio di padelle giganti di patatine. Era (ed è ancora oggi) la cosa più buona che potessi mangiare.
Oggi sono trascorsi, da quel giorno, almeno 30 anni e sento ancora quel dispiacere.
Ho ricevuto comprensione, affetto e alternative a quella cosa che quel giorno proprio non potevo fare.
Non ce l’ho mai avuta con i miei per questo, ma ne conservo ancora il ricordo come se fosse stata un’offesa personale, un affronto, un dispetto.
Penso spesso a quale sarà la cosa che i miei figli si porteranno dietro nello stesso modo.
Chi sa a quale episodio della sua infanzia stava pensando mio padre mentre mi stava dietro sul motorino. Sicuramente anche a lui sarà capitato qualcosa di spiacevole che si è portato dietro per anni, qualcosa che però ha ben compreso da grande.
I bambini sentono le cose così forti perché quella emozione deve durare per sempre e resistere all’età adulta, ma quelle sensazioni vivono perché un padre sia capace di consolare, perché un adulto sappia spiegare.
Ora aspetto solo il mio momento anche se continuo a lacrimare.