E’ questione di accenti

Mo te lo spiego a papà“Papà, ma oggi andiamo a scuolaaa???”

“Sì, ma con meno punti interrogativi, grazie”. 

“Quando torniamo possiamo fare la dddocciaaaa?”

“Sì, però senza la doppia D”. 

“Io dopoo cenaaa voglio guaardare la tv?”

“Non serve cantare quello che dici, mica è l’Opera?”

“Papà, ma l’anno prossimo torniamo a Usticaaaaa?”

“Sì, basta che non trascini le finali”. 

Ho un problema: i miei figli, dopo la nostra prolungata vacanza a Ustica, hanno ancora l’accento siciliano. 

Nulla da dire sul dialetto che amo molto, riesco a capire anche gli anziani pescatori dell’isola quando parlano. Se conoscessi allo stesso modo l’inglese potrei avere il blog in doppia lingua, ma è una cosa che solo poche blogger eccelse si possono permettere.

Ritornando alla questione dell’accento volevo dire che è una cosa terribile per un napoletano, che considera la sua lingua universale, avere dei figli che parlano come uno dei “picciotti” di Ballarò. 

Certo non è una tragedia simile a quella che vive il padre di Assuntina nel film “Incantesimo Napoletano” che inizia a parlare in dialetto milanese, ma sto cerando di pulire queste loro inflessioni. 

Sono giorni in cui, in casa, parlo in dialetto napoletano, quello stretto pieno di consonanti che sembra quasi arabo. 

Per chiudere alcune vocali aperte che hanno i siciliani li sto mandando da una mia zia che anche se deve offriti una cosa da bere lo dice come se fosse una di quelle sceneggiate napoletane alla Mario Merola. 

Io voglio che i miei figli parlino in Italiano, preferibilmente forbito, ma non disprezzo la conoscenza del mio dialetto. Per ora non preferisco che lo usino, anzi per niente, ma questo tempo deve servire loro per apprendere i diversi modi di dire, i proverbi e quelle parole tipiche che sintetizzano espressioni intere. I dialetti italiani sono tutti molto belli e in quasi tutte le famiglie (ad eccezione dei puristi) se ne parla uno. Se avete suggerimenti o consigli sono tutto orecchie.

Minchia compà!