10 bambini al cinema a vedere Qua la zampa e il ricordo del mio cane

L’ultimo film per bambini che ho visto è stato Qua la zampa.

Fin qui tutto normale se non fosse che al cinema, io e mia moglie MPS, siamo andati con 10 amici dei miei figli.

Se a questo aggiungi che avevamo i posti in prima fila, perché il sistema di vendita on line dell’UCI Cinema non funziona, è pietoso, è indegno, è anacronistico, è perennemente in lavorazione e fa schifo (ah, mi sono sfogato, ce l’avevo da giorni questa cosa in gola), capisci che il pomeriggio non è stato dei migliori.

Prima di entrare ho dovuto sedare le questioni che scoppiavano ogni 45 secondi a causa di discorsi sui Pokemon, dell’ordine di lancio per la water bottle flip (la cazzata della bottiglia d’acqua lanciata su un ripiano che deve cadere dritta) e dell’istinto a litigare con gli altri maschi solo per affermare la supremazia del territorio o per fare una prova di forza o per altre ancestrali questioni che riconducono un gruppo di bambini dai 7 ai 9 anni a uomini delle caverne.

Finalmente il film inizia: parla di un cane e del suo padrone, ma soprattutto della reincarnazione in altri cani quando passa a miglior vita fino a che un giorno… Vabbè non voglio spoilerare, la cosa importante da sapere è che parla dello splendido rapporto tra i cani e gli uomini.

Per questo motivo, ma anche perché non è facile guardare un film col collo all’insù (pensate che io ho visto in prima fila il film “Salvate il soldato Ryan”) ho iniziato a pensare alla storia del mio cane.

Avevo un pastore tedesco, il suo nome era Ares.

Aveva un pelo bellissimo, con sfumature di rosso e bruno. Giocavamo sempre a fare la lotta. Quando sono partito per il militare lui è rimasto a casa ad aspettarmi, ogni volta che ritornavo correva, dal terrazzo al portone del palazzo in un secondo, per la gioia di vedermi e poter giocare di nuovo insieme.

Ho letto manuali, ho scelto per lui il cibo migliore, ho trascorso ore in sala d’attesa dal veterinario, ho fatto le notti quando non stava bene, l’ho addestrato ad abbaiare al comando, a sedersi, a dare la zampa, a riportare gli oggetti, ad attraversare la strada, a fermarsi. L’unica cosa che non sono riuscito ad eliminargli era quella innata forma di razzismo che aveva verso le persone di colore. Se ne passava uno a 50 mt da casa iniziava ad abbaiare. Mi dispiace, su questo non ho potuto farci niente.

Intanto Ares cresceva e anche io.

Ares aveva 11 anni quando sono andato via di casa, ero andato ad abitare a qualche chilometro, ma non lo potevo portare con me.

Aveva i suoi acciacchi e le sue abitudini. Per fortuna nel palazzo dove abitavo con i miei genitori non ci sono mai state altre persone, al di fuori del nonno che abitava a piano terra, e così poteva stare in giro senza problemi. Il terrazzo poi era il suo luogo preferito, perché dall’alto poteva monitorare tutto il territorio. I miei genitori mi hanno sempre dato una mano ad allevarlo anche se per loro un cane è solo un animale, nulla più.

Un giorno Ares, strattonato dal nonno che era entrato in casa sua, lo aveva graffiato nel tentativo di azzannarlo o piuttosto di fargli paura, perché un pastore tedesco se vuole morderti tenendoti a mezzo metro di distanza lo fa senza problemi e non ti lascia certo un graffio.

Qualche giorno dopo ero a casa per pranzare con i miei e Ares non era sceso per le scale per venirmi incontro, pensavo che fosse sul terrazzo e non aveva voglia di vedermi perché era arrabbiato con me.

A tavola nessuno parlava, ingenuamente chiesi dove fosse Ares. Mi dissero che l’avevano portato dal veterinario e poi sotterrato in un posto che conosco.

Fine della storia triste.

Capite perché a confronto 10 bambini al cinema che urlano, si picchiano, ridono e si prendono in giro sono uno spettacolo fantastico?